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                   Medio Oriente: Un Buco Nero dell’islamismo Il conflitto israelo-palestinese aveva  momentaneamente oscurato ogni notizia sul buco nero che si sta creando tra la Siria  e l’Iraq. 
Ora che Israele ha ritirato le  truppe dalla striscia di Gaza, dopo un quotidiano lancio di razzi islamisti sul  territorio israeliano e le inevitabili ritorsioni israeliane, sembra che oltre  2mila e la distruzione di edifici si è giunti ad una tregua indeterminata, l’attenzione  si sposta un po’ più al di là dell’altra sponda del Mediterraneo. In quell’area  che sembra risucchiata in un buco nero di mille anni addietro. Un buco nero che  sembra voglia allargarsi verso il Libano, dopo la Siria e l’Iraq, allungando la  lista delle ormai migliaia di morti sgozzati o con una pallottola in testa. 
                  Un’area sempre meno sicura per le  persone che seguono confessioni differenti dal dettame sunnita imposto dal  nascente califfato dello Stato islamico. 
                  Per fronteggiare l’avanzata  dell’Isis (Stato islamico di Iraq e Siria), ormai più famigliarmente Is (Stato  Islamico) qual sia dir si voglia, sono intervenuti gli Stati uniti con  martellanti raid aerei per distruggere gli armamenti di cui miliziani islamisti  si sono impossessati con la ritirata dell’esercito iracheno e facilitare  l’azione delle milizie curde dei peshmerga. 
                    
                  L’Occidente, dopo tanta  incertezza, ha deciso di appoggiare le forze curde nel contenimento dell’affermazione  islamista tra la Siria e l’Iraq che, nel tentativo di allargare l’influenza  dell’Is nell’area con i continui sconfinamenti in Libano, si può quantificare  come un territorio ampio quanto l’Ungheria. 
                  I curdi, combattendo anche con le  armi dell’Occidente per la loro terra e la loro autonomia, difendono anche noi  e per non far crescere la considerazione sul loro operato e mitigare le future  richieste curde che gli armamenti non andranno direttamente nelle zone di  guerra, ma passeranno per Bagdad per ribadire la centralità del governo  iracheno a spese dell’autonomia del Kurdistan. 
                  A facilitare l’intervento  occidentale in Iraq è il palese o il tacito consenso che non solo i paesi arabi  ma anche la Russia e la Cina hanno dato, cosa che non poteva avvenire per la  Siria, certo non perché i cristiani erano al sicuro, ma per gli interessi  incrociati sullo scardinamento degli equilibri nell’area e rischiare di  trovarsi in una situazione d’interminabile conflitto modello libico. 
                  È per questo che dopo l’esempio  di leadership debole riscontra in Iraq con il governo Nuri al-Maliki, celata dalla voce grossa che esibiva  con il risultato di alzare l’acredine tra gli sciiti e i sunniti, è ora la  volta di un governo inclusivo di tutte le realtà culturali irachene, cercando  una rappacificazione tra schieramenti e togliere agli islamisti consenso. 
                      
                  Nel grande gioco delle alleanze  variabili si sceglie chi è più nemico dell’altro e non il più affine negli  intenti e nei sistemi. Così è possibile trovare un esponente di primo piano del  regime di Saddam come il generale  Izzat Ibrahim al Douri guidare l'avanzata di quelli dello Stato islamico in  Iraq solo perché sono più odiosi gli sciiti che gli jihadisti. L’Occidente  riflette sulla possibilità di aprire un dialogo con Assad, un’ipotesi  impensabile sino a pochi mesi fa, perché è sin dalla prima ora avversario dei jihadisti.  I cristiani in Libano si alleano con gli Hezbollah che combattono in Siria affianco  del regime di Assad contro gli islamisti, per non diventare dei bersagli come  in Nigeria o in altre parti del Mondo. I cristiani nel Medio oriente, vittime  predestinate come ogni altra minoranza, sono in cerca di protezione. Una  situazione di persecuzione già evidenziata da Francesca Paci del libro  del Dove muoiono i cristiani http://www.romacultura.it/2011/giugno/cristiani_nella_minoranza.html 
   (2011). 
                  Una  persecuzione delle minoranze, da parte jihadisti, che annovera non solo le comunità cristiane, ma  anche yazide e shabak, oltre che turcomanne, atta a perseguire una pulizia  etnica di balcanica memoria. 
                  È l’arroganza  dell’ex premier Nuri al-Maliki, con il suo fomentare le violenze settarie che ha  insanguinato il Paese, ma anche l’ottusità statunitense nel cancellare un  esercito che ha portato un laico come al Douri a scegliere di unificare le sue  forse baathiste a quelle dei jihadisti. 
                  Un’alleanza  contro natura, se la realtà jihadista era da eliminare sotto il regime di  Saddam, accomunati non solo nello scansare dal potere la maggioranza sciita, ma  anche dai modi sbrigativi nell’eliminare i “problemi”. 
                  Questa’esaltazione  della violenza ha esercitato una forte attrazione per molti adolescenti  annoiati e senza un’ideale di vita, portandoli a seguire degli invasati per  esternare il loro lato teppistico. Giovani in cerca di una guida che non vivono  necessariamente in periferie disagiate, ma provenienti anche da i ceti  benestanti dell’Occidente, mossi dal disagio di vivere, il cosiddetto mal de vivre. Una realtà basata sulla  disciplina e la cieca adorazione del capo che sarebbe stata l’ovvia conclusione  dei farneticanti protagonisti dell’Arancia  Meccanica o dei “perseguitati” Guerrieri  della notte nel vedere un futuro inquadrati in milizie religiose di vari  credo. 
                  In questo scambio di fronti e di alleanze s’inserisce anche l’intervento  di Alessandro Di Battista, deputato del M5S, che offre una  giustificazione all’uso del terrorismo come unica arma per i ribelli,  dimenticando che le milizie del nascente Stato islamico non sono dei dissidenti  perseguitati, ma un’orda conquistatrice. Rincara la dose del politicamente  “scorretto” i twitter del cosiddetto ideologo dei penta stellati Paolo Becchi  che offre una lettura di consequenzialità nel dare le armi ai curdi con la  salvezza delle due volontarie italiane. 
                  Ribellarsi è giusto, ma quelli  dello Stato islamico sono degli aggressori e non si può dare una parvenza di  legittimità alla violenza perpetrata da un esercito di conquista e non di  difesa. Un gruppo di persone che sono discriminate possono arrivare  all’utilizzo della violenza, ma chi si organizza in una forza di conquista per  formare dal nulla uno stato tirannico, imponendo le sue regole di vita, non può  essere paragonato a chi viene perseguitato e si vede negato ogni diritto  fondamentale. 
                  L’esercito del califfato per uno  stato islamico non è un popolo scontento in cerca di una vita pacifica, ma è in  guerra con tutto il mondo che non professa il loro senso della vita, ma non per  questo si deve escludere un dialogo, anche se per dialogare bisogna essere  almeno in due per trovare un compromesso, e quelli delle bandiere nere non  sembrano disponibili ad una convivenza con altre religioni. 
                  Oscurantismo jihadisti che si sta affermando anche  nel caos libico, scene di  prigionieri mostrati al pubblico ludibrio in Ucraina o la giustizia sommaria  nei confronti di sospette spie a Gaza, il tutto condito con la crudeltà  contro la popolazione, fa retrocedere la storia dell’umanità di alcuni secoli.  
                  La  situazione israelo-palestinese e quella iracheno-siriana sono la dimostrazione di  come gli organi d’informazione appaiono incapaci di seguire contemporaneamente  le varie aree di conflitto nel Mondo se non sono ai nostri confini o  coinvolgono i rapporti tra schieramenti ideologico-economici. 
                  Solo  l’Ucraina non ha perso spazio informativo, forse perché oltre ad essere in  Europa sta compromettendo i già difficili rapporti con la Russia di Putin  nell’ambito delle esportazioni e dei rifornimenti energetici invernali che in  una crisi economica europea diventa un grande problema.                   
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                  http://www.lastampa.it/2014/08/18/blogs/oridente/provando-a-mettere-in-ordine-le-idee-sulliraq-whSVSzKIkn1UwQRNepsFyO/pagina.html 
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                  Dove muoiono i cristiani. Dall'Egitto all'Indonesia,  viaggio nei luoghi in cui il cristianesimo è una minoranza perseguitata di Francesca    Paci 
                  http://www.romacultura.it/2011/giugno/cristiani_nella_minoranza.html 
                    
                  Francesca Paci 
                    Dove muoiono i cristiani 
                    Editore: Mondadori 
                    Milano, 2011 
                    pp. 204 
  € 17,50 
                    EAN9788804606925 
                  Franco Cardini 
                    Cristiani perseguitati e  persecutori 
                    Salerno Editrice 
                    Roma 2011 
                    pp. 188 
  € 12,50 
                    ISBN 978-88-8402-716-0 
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                  In Libia, mentre tra Iraq e Siria  si allarga il buco nero del califfato islamista, si sta ponendo le basi per un  emirato e l’Egitto pensa di intervenire per  
                  Medio Oriente – Nord Africa 
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                  http://www.ex-art.it/magazine/oltre_occidente/oltre_occidente.html 
                    
  
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