Quando si agisce sventatamente, ci si merita quello che ci capita, e io non lo nego. Se io in libreria, volendo comprare un libro di un autore francese di noir di cui ho molto sentito parlare, Jean Claude Izzo, ho preso invece per errore un libro di Guillaume Musso, non posso dare la colpa a nessuno. È per via della mia distrazione, dunque, ho avuto l’opportunità di leggere il libro più sciocco, (ma al tempo stesso furbetto), dell’anno.
Almeno, lo spero, diciamo. Chissà quelli che non ho letto.
Un uomo che continua a svegliarsi ripetutamente la mattina dello stesso giorno, rivivendo ogni volta gli stessi eventi, ogni volta cercando di modificare la piega del destino senza riuscirci: qui tocca ascoltare tutte i precetti simil-filosofici dell’autore sul destino e sulla felicità. La donna della nostra vita, quella assegnataci dal destino, quella che si continua a inseguire tutta la vita, per cui si è disposti a dare tutto. Il denaro non dà la felicità, tantomeno il successo. Era un uomo divenuto cinico, ma in fondo in fondo, il suo cuore aveva conservato un angolo vulnerabile. L’unica felicità è nell’affetto duraturo dei propri cari.
C’è da rimanerci secchi.
Le due idee di base che sostengono la trama, quella dell’uomo che vive ripetutamente la stessa giornata, e il finale, che non sveliamo, sono entrambe rubate a vecchi film, per stessa ammissione dell’autore. E lascia stupefatti scoprire, alla fine del libro, che le poche frasi di qualche originalità l’autore le ha copiate da libri famosi. In effetti l’onestà di ammettere i propri debiti è una delle poche virtù del libro.
La seconda virtù è che il libro corre come un treno, si legge molto velocemente e, nonostante la banalità delle sue immagini, il ritmo è trascinante. Si soffre, ma si soffre in fretta.
A parte questo, è uno di quei libri che lascia desolati: non tanto perché è stato scritto, ma perché, a quanto dice il retro di copertina, ha venduto milioni di copie.
L’idea che milioni di persone si sono sottoposte volontariamente, senza aver preso un libro per un altro come me, a questa pioggia di sciocchezze, ci fa sentire tutti quanti un po’ più stupidi.

Appena passato il giorno di San Valentino, nelle sale cinematografiche americane, è uscito un film zuccheroso e sdolcinato dal titolo “Valentine's Day”, che ha impiegato un mese per attraversare l’oceano e sbarcare in Italia con il titolo “Appuntamento con l’amore”. In tutta sincerità, se avesse impiegato più tempo o se fosse naufragato durante la traversata non sarebbe stata per noi spettatori italiani una grande perdita…

Teoricamente questa pellicola sarebbe dovuta essere un film corale interpretato da star holliwoodiane, una commedia romantica e brillante che ruota attorno al tema dell’amore.
In pratica è un intreccio di dieci storie con ventun protagonisti – e altrettanti big del cinema americano come Patrick Dempsey, Jamie Foxx, Jennifer Garner, Anne Hathaway, Ashton Kutcher, Queen Latifah, Taylor Lautner, George Lopez, Shirley Maclaine, Julia Roberts e Taylor Swift – che si imbattono in flirt, tradimenti, triangoli, coming out, solitudini, convivenze… il tutto senza palpiti né vibrazioni.

Nella giornata di San Valentino si incrociano tante storie d’amore diverse, tutte debolmente unite tra loro.
Generazioni e ceti sociali a confronto: dal bambino alla coppia di settantenni, dal giovane fioraio al capitano dei marines, interpretato dall’incisiva Julia Roberts, dalla press agent stressata e sempre sola al reporter sportivo d'assalto, dalla maestra elementare che sembra aver finalmente trovato l'uomo giusto al donnaiolo incallito fino ad arrivare al calciatore gay. Un ventaglio di modi diversi di affrontare amore e corteggiamento che sventola con poca convinzione nel giorno istituzionalmente dedicato agli innamorati.

Il regista Garry Marshall ci parla dell’innamoramento e dei moti del cuore senza riuscire a far accelerare i nostri battiti, come invece riuscì magistralmente a fare quando ci deliziò con il suo “Pretty Woman”. Meglio evitare il paragone, ma se proprio ci teniamo a confrontare i due film pensiamo solamente alla splendida e bravissima Julia Roberts, che vent’anni fa ha reso indimenticabile un film ben orchestrato e che ora riesce a sollevare le sorti di un film che ha proprio bisogno di essere sollevato.