Mediterranea

LE LEGGI DELLA VERGOGNA

Tali sono le Leggi del 1938 oggetto di una mostra che si tiene al Vittoriano: si tratta di una legislazione discriminatoria per i cittadini italiani di religione ebraica che comparve quasi all’improvviso in completa assenza di una qualsivoglia situazione sociale che ne potesse fornire una benché minima giustificazione. Gli ebrei italiani, meno dell’uno per cento della popolazione dell’epoca, avevano vissuto una vita spesso travagliata ma sostanzialmente tranquilla dall’Unità d’Italia; comunità di origine ebraica si erano istallate in Italia sin dal I secolo a.C., soprattutto a Roma, e furono per secoli quasi ignorate dalle autorità imperiali finché con l’affermarsi del Cristianesimo cominciarono i problemi. Gli Ebrei ritenuti autori di “deicidio” e di rifiuto dell’accettazione di Cristo Salvatore subirono varie discriminazioni soprattutto in campo lavorativo ma grazie alle loro capacità occuparono un posto importante nella società medioevale con ampie disponibilità economiche. Una ventata di antigiudaismo cioè di ostilità alla religione, che cessava in caso di conversione, si ebbe nella metà del XVI secolo allorché Papa Paolo IV nel 1555 istituì il “Ghetto” quartiere della città dove erano concentrati gli Ebrei con divieto di uscita notturna e di possedere le case anche se potevano fruire di “fitti bloccati”; l’istituto si estese anche ad altre città italiane e durò fino all’epoca napoleonica quando le mura furono smantellate e gli Ebrei godettero di parità di diritti. Aperto e richiuso più volte il Ghetto di Roma fu abolito e addirittura demolito dopo il 1870. La piccola minoranza ebraica, concentrata in alcune città dell’Italia centro-settentrionale, partecipò alle guerre del Risorgimento ed ebbe numerosi caduti e decorati al Valore Militare nella I Guerra Mondiale; era talmente ben inserita nella società che qualche acceso sionista temette per una perdita di identità. Con l’avvento del Fascismo molti Ebrei aderirono e si iscrissero al P.N.F. altri furono contrari, ci furono diversi volontari nelle guerre d’Abissinia e di Spagna.  Reconditi rigurgiti antiebraici permanevano in qualche angolo della società, legati ad un deteriore integralismo cattolico, e se ne fece interprete Giovanni Preziosi prete spretato che dirigeva una virulenta rivista antisemita. Poi improvvisamente tutto cambiò, forse il desiderio di compiacere Hitler, forse una reazione alle sanzioni ed allo spirito antifascista che dilagava per l’Europa a causa dell’intervento in Spagna, fatto sta che dopo un inizio di campagna stampa antisemita il 15 luglio 1938 fu pubblicato il manifesto “il Fascismo e i problemi della razza” primo documento ufficiale che teorizzava l’esistenza di razze inferiori sottoscritto da una decina di “scienziati” che con argomenti pseudo scientifici magnificavano la superiorità della razza ariana a cui appartenevano gli Italiani. Uscì subito dopo un nuovo giornale “la Difesa della Razza” diretto da Teresio Interlandi che premeva per un intervento governativo che cominciò a delinearsi nell’ottobre del ’38 allorché il Gran Consiglio dettò le prime norme. Nel novembre le leggi decretarono che gli Ebrei dipendenti pubblici fossero collocati a riposo, gli studenti espulsi da ogni ordine di scuole, l’attività imprenditoriale e commerciale ridotta e controllata; successivamente si aggiunsero divieti e fastidi di ogni genere. Furono previsti casi di “discriminazione” per famiglie di caduti in guerra e per mutilati e decorati e per meriti o per denaro fiorì un lucroso mercato di “arianizzazione” mentre scarse furono le conversioni. La società italiana non reagì a tale legislazione, la popolazione non aderì entusiasticamente ma nemmeno protestò, il Re, pur mugugnando, firmò, il Papa protestò ma senza grande vigore, uomini di potere intervennero per salvare amici e conoscenti, profittatori acquistarono a buon prezzo i beni degli Ebrei e la situazione si trascinò per cinque anni con gli israeliti discriminati ma salvi anzi in zone occupate le truppe italiane protessero gli Ebrei locali. Poi dopo l’8 Settembre 1943, sfasciatasi la struttura organizzativa militare e amministrativa i Tedeschi e i loro satelliti della R.S.I. iniziarono rastrellamenti di Ebrei tra cui si distinse la grande retata nel Ghetto di Roma. Nei quasi venti mesi di occupazione l’Italia subì le ben note atroci vicende, ci fu chi denunciò o arrestò i concittadini Ebrei chi li protesse e li nascose, chiese e conventi li accolsero anche se il Vaticano non brillò per un chiaro e deciso impegno temendo, a torto o a ragione, complicazioni più gravi anche in assenza di una reale possibilità di aiuto. L’odissea degli ebrei italiani si concluse con circa 7.000 morti.
La mostra è stata organizzata dal Ministero dei Beni Culturali, dal Comune di Roma, dall’Unione Comunità Ebraiche e dal Museo della Shoah e si articola su vari settori in ordine cronologico; si comincia con la situazione della comunità ebraica in Italia con documenti di Ebrei inseriti nelle varie organizzazioni fasciste e le schede segnaletiche di Polizia di israeliti antifascisti, segue l’inizio delle campagne antisemite in Germania con documenti, giornali, riviste, si prosegue con l’evolversi della situazione italiana dal nascosto ed antico antigiudaismo al violento attacco del Manifesto e della Difesa della Razza di cui sono esposti molti numeri con articoli virulenti ed immagini stereotipate con Ebrei dalle labbra tumide, occhi sporgenti, grandi nasi adunchi. Sono in mostra copie delle disposizioni di legge e delle circolari sempre più limitative dell’attività degli Ebrei e a ricordo della costituzione di scuole speciali c’è la ricostruzione di un’aula con i vecchi banchi; esposte anche le locandine di due film tedeschi allora molto in voga “Suss l’Ebreo” e “l’Ebreo Errante”. Segue poi l’infausto periodo dopo l’Armistizio con le grandi retate e l’invio ai campi di sterminio che non restituirono tanti Ebrei Italiani. La mostra si conclude con una scena commovente, la ricostruzione di un tratto di binario con povere valigie sulla banchina, triste ricordo dell’ultimo viaggio di tanti esseri umani. Un forte ammonimento a che certi comportamenti e certe leggi restino confinati nella storia e mai più si ripresentino.

Roberto Filippi

 

Le Leggi Razziali furono occasione di una riflessione, nel 70° anniversario della loro proclamazione, su RomaCultura di settembre 2008 (http://www.romacultura.it/del_mese/settembre/negareidiritti.html), evidenziando la mancanza di supporti scientifici per decantare una razza italica, come “variazione” di quella ariana del nord, “classificandola” come ariana mediterranea.

Roma
Complesso del Vittoriano
LEGGI RAZZIALI
Una tragedia italiana. 1938/2008

Dal 17 dicembre 2008 al 22 febbraio 2009

Orario:
tutti i giorni
dalle 9.30 alle 18.00

Informazioni:
Tel. 06/69202049

Ingresso libero


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