Mediterranea

TANTI AFFARI FELICI SENZA DIRITTI

I rappresentanti dei G8, in luglio, vennero immortalati dai media, sull’isola giapponese di Hokkaido, mentre con una vanghetta da spiaggia cercavano di piantare degli alberelli.
Poco credibili nella loro svolta ecologista, ma si potrebbe prendere ispirazione dalla frase dell’attuale ministro dell’economia – colpisci uno per educarne cento -, ops era una frase del presidente Mao, per invitarli ad un accogliente soggiorno in un campo di lavoro, a prendere lezioni di vanga e terra.
I Grandi della Terra vorrebbero ridurre le immissioni di gas, ma vogliono ancor di più continuare a sfruttare tutte le possibilità per fare soldi, anche a spese dei più deboli, e l’ambiente non è una priorità se non sotto elezioni.
Ancor meno importante è distribuire farmaci ovunque al giusto prezzo, ma i migliaia di esperti convenuti alla conferenza mondiale sul virus Hiv a Città del Messico non sono dello stesso parere, proponendosi l’ambizioso l'obiettivo di fornire cure per l’Aids a tutti entro il 2010.
Gli affari vanno in rotta di collisione anche nel combattere le malattie endemiche della povertà, il fornire acqua potabile e assicurare il diritto all’alimentazione
La maggior parte dell’attenzione è rivolta alla stipula di vantaggiosi contratti con la Cina che continua ad essere definita comunista, mentre la dirigenza cinese ha da tempo preso ad esempio la Russia post sovietica di Eltsin, ma senza concedere nulla nell’ambito dei Diritti Umani.
Non è solo imprudente criticare il governo, ma anche manifestare il proprio disappunto per vedersi cacciati dalla propria abitazione perché sorge in pregevoli posizioni o davano fastidio al business delle Olimpiadi.
Anziane persone che non hanno voluto soccombere in silenzio sotto gli espropri, per questo incarcerate, alle pretese urbanistiche del settantenne Albert Speer, figlio dell’architetto -anche lui Albert- che modellò la Berlino del 1936, chiamato a glorificare le Olimpiadi. Inquietanti similitudini tra un regime totalitario e l’altro sorgono spontanee e non solo per la marzialità militare, ma per l’uso della forza; certo nella Germania degli anni ’30 “la soluzione finale” era ancora un progetto che non si era sviluppato in termini industriali e che la Cina di oggi si limita a condanne a morte “ad personam”, ma in entrambi i casi sono gli affari e l’insorgente nazionalismo a schiacciare qualsiasi voce del dissenso. Forse oggi è più difficile scomparire nel nulla come succedeva in Germania, ma la Cina è grande e numerosi sono i luoghi di detenzione tra carceri e campi rieducativi, come avveniva con i gulag stalinisti, ma uno o cento è sempre una vita che viene interrotta, una voce che viene spenta per consolidare il potere e non contrariare businessman nel far prosperare gli affari.
La prepotenza è immensa e 120mila famiglie sono state cacciate dalle loro case per far posto alle Olimpiadi e la percezione della felicità nella Repubblica popolare cinese, secondo un sondaggio con dubbi requisiti di libera espressione, è superiore al 70%.
Una felicità chiamata cellulare e superfluo, consumismo crescente e aria irrespirabile. Confucio avrà propugnato l’armonia e i cinesi avranno inventato la bussola, oltre ai caratteri mobili per la stampa, ma sanno dove stanno andando o vanno a naso dietro i soldi?
Ora le olimpiadi si sono concluse con un bilancio sportivo non paragonabile a quello politico poco edificante, con alcuni rappresentanti di governo che prima esprimono la loro voglia di boicottare i festeggiamenti inaugurali e poi partecipano, magari delegando agli atleti di esprimere lo sdegno per la negazione dei Diritti Umani, ma come si fa a dare un compito così impegnativo a degli italiani così ingenui del Mondo e impegnati per quattro anni a poter sfilare sotto i riflettori – ma chi ve se nota -, unica eccezione Antonietta Di Martino che ha firmato, insieme a numerosi altri atleti di diverse paesi, una lettera al presidente cinese Hu Jintao, chiedendo il rispetto dei diritti umani. Un’iniziativa di Sportsforpeace (www.sportsforpeace.de) legata alla campagna di Amnesty International.

L’impegno per i Diritti di alcuni atleti non è sporadico, come nel caso del portabandiera della squadra statunitense Lopez Lomong, profugo del Sudan e cofondatore del Team Darfur (www.teamdarfur.org/).

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