Mediterranea

Riflescienza: MICROBI ELETTRICI

 

Energia chimica, energia elettrica, energia termica, energia cinetica: come molti di noi ricordano dai tempi della scuola, ognuno di questi tipi di energia può essere convertito negli altri. Così l’energia chimica della benzina si trasforma nell’energia cinetica dell’auto in movimento tramite il motore a scoppio. Ma l’energia del petrolio può essere trasformata anche in elettricità, come succede nelle centrali elettriche. E l’energia chimica del cibo (quella che, ahimè, molti di noi debbono affannarsi a calcolare in calorie), la usiamo per muoverci, per produrre il calore che mantiene la nostra temperatura a 37°C, e per molto altro ancora.

Insomma, si dicono alcuni scienziati, l’energia che ogni persona introduce nel proprio corpo in un solo giorno, sotto forma di cibo, equivale perlomeno a qualche migliaio di batterie tipo Duracell. Possibile che le batterie dei portatori di pacemaker, per esempio, debbano essere cambiate ogni pochi anni? Non si potrebbe trovare un modo di costruire generatori miniaturizzati che, come piccole centrali elettriche, trasformino una parte, per esempio, dello zucchero che mangiamo, nelle minuscole quantità di elettricità necessarie ad un pacemaker?
Molti prototipi di generatori basati su questo principio sono sotto sperimentazione al presente. Nessuno ha ancora dimostrato prestazioni abbastanza soddisfacenti, tuttavia si spera che la soluzione possa arrivare in un futuro molto prossimo.

C’è di più, dietro a questi sforzi? C’è molto di più.
Questi generatori perpetui, oltre ai pacemaker, potrebbero un giorno servire ad altri tipi di apparecchi miniaturizzati, che nel frattempo altre squadre di progettatori cercano di sviluppare.

Microimpianti per chi ha danni all’udito o alla visione. Microrivelatori di glicemia, per chi è malato di diabete, pronti a dare l’allarme se il tasso di zucchero nel sangue sale oltre il livello di guardia. Microstimolatori da impiantare nelle aree danneggiate del cervello dei malati di Parkinson o di ictus, capaci di simulare gli impulsi elettrici dei neuroni sani. Fino ad arrivare al sogno segreto di questi medici-tecnologi: rivelatori di cellule tumorali, impiantati, per esempio, all’interno di un vaso sanguigno, pronti come guardiani a segnalare a prima vista il transito anche di pochissime cellule sospette.
Se la diagnosi precoce è il sistema migliore di prevenzione, quale diagnosi potrebbe essere più precoce di questa?

Davanti a queste possibilità tecnologiche ancora molto futuribili, alcuni storcono il naso, e sostengono che il nostro corpo, una volta innestato qua e là di rivelatori e stimolatori, meccanici, sia pure microscopici e invisibili, diventerebbe in qualche modo “robotizzato”.
Altri, invece, paragonano questi macchinari, a piccoli simbionti, cioè a organismi che hanno bisogno di un ospite per sopravvivere, ma gli restituiscono in cambio qualche favore. Non molto diversi, quindi, dalla flora batterica del nostro intestino che sopravvive utilizzando parte del nostro cibo, ma in cambio produce per noi vitamine essenziali.

Cosa ne sarà davvero di questi progetti, il futuro lo dirà: restate sintonizzati.  

 Marta Baiocchi

 

 


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