|    LA CARRIERA DI ALESSIA 
                    Come le rondini che vorticano nel  cielo senza tregua col becco spalancato, inghiottendo in volo i minutissimi  insetti che vivono invisibili nell’aria, come le balene e i capodogli che a  fauci aperte attraversano gli oceani filtrando il plancton sospeso nelle  acque... Così Alessia attraversava la sua giovane vita,a occhi e bocca  spalancati,nutrendosi avidamente di tutto ciò di bello e di buono che il destino  (o il caso se preferite) le metteva generosamente in tavola. Aveva incontrato  uomini,amici o amanti che fossero, donne invidiose che fossero o no del suo  successo. Aveva avuto occasioni, opportunità, fortuna e sfortuna. Alessia,che  era bella da togliere il fiato, accettava con slancio tutto:i doni generosi di  chi la ammirava e la desiderava, 
                      come la puntata sfortunata sul  numero sbagliato. Alessia sapeva che quello che oggi le era negato domani  avrebbe potuto raccoglierlo già maturo. Perché lei sapeva di piacere,e  sfruttava generosamente le sue occasioni. Era nata in periferia,tra gente da  poco che s’arrangiava,ai margini della grande città che tutto prometteva  allettando e istigando i giovani e famelici rampolli, armati solo della loro  arrogante prepotenza. Ed era splendida la sua gioventù, irresistibile,  sfrontata e senza pentimenti. Aveva cavalcato in fretta lasciandosi dietro  amiche bruttine e onesti spasimanti, parenti ingombranti e tutti i grilli saggi  e fastidiosi di questo mondo. Alessia sapeva che la ruota girava,e girava in  fretta;la “mano” buona le era stata passata,bisognava giocarla bene e subito.  Così, un uomo “importante”, molto importante,un uomo che si portava addosso  l’eleganza e la ricchezza di un mondo lontano e fortunato, lontanissimo dal  mondo di Alessia,un uomo che veniva dalla luna dei privilegi e dei sogni  insperati,quelli che si vedono al cinema sospirando con le amiche, un uomo così  si era innamorato di lei. Il grande amore? Che importava in fondo?Aveva  conosciuto anche lei l’amore,grande o miserabile che fosse; sì, ricordava quel  ragazzo famelico e prepotente come lei,quel ragazzo che le metteva le mani  addosso,che la aspettava la sera, giù nelle stradine del “Trullo”, a farsi l’un  l’altra lividi e morsi,come due bestie pazze d’amore. Sì l’amore, ’aveva amato  come un dio quel ragazzo,non si sfamava di guardarlo e desiderarlo. Eppure era fuggita  da quel gioco che, lo sapeva, finiva in perdita:buttarsi in strada,i soldi per  lui,la sua bellezza gettata come acqua a dissetare i rovi. No; niente più  amore. Se ami ti perdi. 
                      E quell’uomo tanto importante si  era perso per lei. Alessia aveva solo da assecondarlo al momento giusto e non  far spegnere mai quei tizzoni che lo bruciavano. Oh sì!Sapeva come farlo.  Conosceva tutte le furberie,si destreggiava col suo desiderio come un provetto  marinaio. Oggi no, domani forse; perché sapeva cosa come e quando un uomo  desiderava da lei. Sapeva come il desiderio,fame e sete di vita,di aria,di  luce,poteva fare di quell’uomo, che pure tanti libri aveva letto e scritto,uno  “scemo” come gli altri, anzi peggio degli altri. Quello che importava era  tenergli addosso la sua febbre, tenerlo “in caldo” come si dice,e nello stesso  tempo non deluderlo mai da quel sogno, quell’incubo che aveva in testa:lei,solo  lei. Alessia si sentiva forte e furba,conduceva lei il gioco, e il”piatto” era  alto stavolta: ricchezza,posizione,sicurezza,la scorciatoia per un mondo che  non avrebbe mai potuto raggiungere dal suo quartiere. Così quando salì, quella  sera, sulla solita Jaguar scura che la aspettava, lei era sicura delle sue  mosse. 
                      Sentì il profumo della buona  pelle che rivestiva i sedili, la raffinata e discreta “colonia” dell’uomo, il  morbido brontolio della macchina pronta a partire. Ma l’auto non partì. Mentre  Alessia si accendeva una delle sue sigarette tutto improvvisamente le crollò  addosso e la seppellì in un attimo: la miseria del “Trullo”, le mani rapaci  degli uomini, l’invidia delle donne, i soldi, i progetti. Tutto sparì e diventò  buio. Dopo averle sparato l’uomo, sicuro e rapido come un gesto abituale,si  mise in bocca la pistola. E fu tutto. 
                    Luigi M. Bruno                      |