Mediterranea

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme

“Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil” prima pubblicazione 1963.
Perché parlare di un libro così <<datato>>? Perché la chiusura, a metà gennaio 2007, del processo sulla Strage di Marzabotto (29 settembre 1944), con conseguenti condanne (10 ergastoli in contumacia) ci dà il quadro di una realtà storica contemporanea che ancora ha bisogno di fare i conti con alcune ferite del passato.
L’errore in cui NON dobbiamo cadere, come ci spiega l’autrice, è di pensare che certi avvenimenti capitino solo per mani di gente inumana e, conseguentemente, lontana da noi.
L'opera riprende gli articoli pubblicati dall’autrice come corrispondente del settimanale New Yorker, sul processo ad Adolf Eichmann, gerarca nazista catturato in Argentina nel 1960 e processato a Gerusalemme nel 1961.
L’analisi che la Arendt ci rimanda di quel processo si può riassumere in due chiare tesi:
1) il processo ad Eichmann è stato uno spettacolo, voluto da Ben Gurion, chiaramente strumentalizzato alla politica del neonato Stato d'Israele.
2) Adolf Eichmann non era un genio del male ma un banale ed ottuso burocrate.
La prima delle due tesi si evince chiaramente dalla conduzione del processo, che puntava su testimonianze di situazioni e accadimenti obiettivamente orrendi e storicamente comprovati, che non riguardavano, però, il gerarca nazista di persona ma l’apparato burocratico di sterminio in cui era inserito; testimonianze volute al fine di muovere gli animi dei rappresentanti della stampa internazionale, ma che poco avevano a che fare con il processo stesso.
La seconda ci viene dalla stessa biografia di Eichmann, da lui stesso fornita ed, anzi, da lui stesso infiorettata, per dare di sé un’immagine di grand’uomo. Quello che ne deriva, invece, è la storia di un uomo mediocre: austriaco, studente poco brillante, lavora prima come minatore nella compagnia del padre, poi alla compagnia elettro-tranviaria austriaca, quindi come rappresentante di una società il cui presidente era amico di un suo zio. Entra nel partito nazista su suggerimento di un amico, al quale risponde “già, perché no?” ma senza aver mai saputo nulla sul partito stesso. Diventa tenente-colonnello delle SS, con il compito di coordinare l'organizzazione dei trasferimenti degli ebrei verso i vari campi di concentramento e di sterminio. Un burocrate, quindi, infaticabile nel cercare di fare bella figura con i suoi capi per fare carriera e diventare importante, operando acriticamente e limitandosi a seguire quanto indottrinatogli dalla società e dalle idee <<in voga>>. Questo, come sottolinea anche l’autrice, non lo rende meno colpevole di quanto commesso. Ma quanto emerge deve farci riflettere e metterci in corpo un po’ di sano terrore: Eichmann era un piccolo ed egoista ragionier Fantozzi, il nostro banale vicino di casa, che ha avuto come colpa, totale ed assoluta, il non essersi mai posto una domanda sull’altrui destino.
Assolutamente un libro da leggere per capire e non dimenticare.

Ruggero Signoretti

La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme

 
Titolo
La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme
Autore
Hannah Arendt
Edizioni
Feltrinelli, Milano, 2003
Pagine
329 pagine
ISBN
8807816407
Prezzo
€ 9,50
 
Descrizione
Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell' 11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L'autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il "New Yorker", sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt "banale", e perciò tanto più terribile, perchè i suoi servitori sono grigi burocrati.

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