Mediterranea

Aspettando la musealizzazione
LE INSEGNE DELL’IMPERO

Roma, Palazzo Imperiale del Palatino, un cavaliere coperto di polvere giunge al galoppo e grida “l’esercito è battuto, l’imperatore è morto, il nemico è alle porte”. Subito si riunisce un gruppo di alti dignitari, si recano nelle stanze del tesoro, prelevano delle cassette e si recano in un angolo appartato del palazzo; lì in una cantina viene scavata una buca e si interra quanto portato poi il funzionario più alto in grado si volge ai colleghi e dice “l’Imperatore è morto, gli dei ci hanno abbandonato, l’usurpatore è vicino ma non avrà le insegne dell’Impero”. Era il 28 ottobre del 312 d.C. Massenzio era annegato nel Tevere, il suo esercito sconfitto a Saxa Rubra, Costantino il nuovo Imperatore. Anno 2005 d.C., stesso angolo del Palatino, un gruppo di archeologi guidato da Clementina Panella scava nei resti di un edificio e dal fondo di una bucavede brillare qualcosa: le insegne dell’Impero. Il luogo dello scavo, nelle vicinanze dell’arco di Costantino, si trova in una zona detta Curiae Veteres la cui fondazione risalirebbe addirittura a Romolo e presso cui le fonti dicono nascesse Ottaviano; l’edificio ha dei muri in blocchi di tufo di almeno III secolo a.C. e fu sostituito alla fine della Repubblica da una domus con muri in opus reticulatum e tabernae al piano terreno, piacerebbe pensare possa trattarsi della casa natale del futuro Augusto. Dopo l’incendio neroniano del 64 d.C. tutta la zona fu inglobata nel palazzo imperiale e vi furono costruiti una strada porticata, un tempietto in sostituzione di un antico sacello ed una grande terrazza che durò fino al primo medioevo, nei suoi sotterranei furono celate le insegne. Successivamente ci sono strati di occupazione medioevale poi tutto il complesso si interrò, si coprì di orti e vigne costituendo nel ‘600 la Vigna Barberini. Il ritrovamento è stato sensazionale, ordinatamente disposti entro astucci di legno e avvolti in stoffe di seta e lino, forse i vexilla, sono stati ritrovati dodici pezzi, quattro globi, sette lance ed uno scettro; esaminandoli più attentamente si può dire che si tratta di due cuspidi di lancia a sei lame che sbocciano da un fiore a sei petali, di una punta di lancia semplice e di quattro punte di stendardi, poi di uno scettro di bronzo e oricalco rivestito di legno dorato che termina con un fiore ad otto petali che avvolge una sfera in vetro verde; altre due sfere di vetro giallo dorato facevano parte di un secondo scettro non conservato ed infine uno spettacolare globo di calcedonio azzurrognolo, con un foro passante, di grande bellezza era forse parte di un terzo scettro. Il tutto in uno stato di conservazione buono che ha richiesto minimi interventi di restauro, quasi solo di pulitura. Il materiale è stato rinvenuto in una fossa scavata entro uno strato di fine II secolo d.C. come risulta da una moneta rinvenuta ed è coperto da un interro di fine III, inizi IV secolo come risulta da frammenti ceramici e da una monetina di Diocleziano. Senza alcuna sicurezza ma con sicura suggestione si pensa ad insegne appartenute a Massenzio e sepolte subito prima o subito dopo la battaglia di Ponte Milvio e mai più ritrovate. E’ un avvenimento che ben si inserisce negli strati di scavo, altri eventi simili, il sacco di Alarico del 410 e quello di Genserico del 455 sono troppo tardi ed inoltre in tutti e due i casi l’imperatore in carica non era a Roma. La scoperta è eccezionale in quanto trattasi di reperti unici, finora mai rinvenuti, di cui si conosceva l’aspetto in quanto scettri ed insegne appaiono spesso in bassorilievi, dipinti ed avori di età tardo imperiale; ne parla con accurate descrizioni anche la Notitia Dignitatum, un interessante documento della metà del IV secolo che tratta delle varie cariche civili e militari e delle insegne corrispondenti. Sono oggetti di alta qualità e di valore, i metalli sono di ottima lega e di eccellente lavorazione, il globo di calcedonio è una rarità per le dimensioni e l’accurata rifinitura, i resti di sete orientali indicano l’altissima dignità di chi utilizzò le insegne. Come esposizione permanente nel piano interrato di Palazzo Massimo alle Terme è stata allestita una sala di grande effetto scenografico con al centro due bacheche con gli scettri e le aste, ai lati più modesti reperti e grandi pannelli che raccontano la storia del ritrovamento, descrivono il sito, le caratteristiche degli oggetti, il loro restauro, ed espongono numerose immagini tratte da monete e dittici eburnei in cui gli imperatori appaiono effigiati impugnando insegne dello stesso tipo. Per il visitatore è la materializzazione della maestà degli imperatori romani.

Roberto Filippi

Informazioni

I SEGNI DEL POTERE
Museo Nazionale Romano

Palazzo Massimo alle Terme
largo Villa Peretti 1

Orario:
dalle 9.00 alle 19.45
lunedì chiuso


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