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"NON BISOGNAVA ESSERE LI'. MA NON BISOGNAVA NEMMENO MORIRCI"

Francesco Trento è uno sceneggiatore, Aureliano Amadei è l'operatore rimasto ferito a Nassirya il 12 novembre 2003 nell'attentato dove hanno perso la vita militari e civili italiani, tra cui il regista Rolla, di cui era l'assistente. Dovevano fare i sopraluoghi per una fiction e sono rimasti coinvolti nell'assalto terroristico che sappiamo. Amadei non è un militare e poco ne capisce di guerra e soldati, ma proprio per questo è un osservatore sincero e spregiudicato. In più, abituato al cinema, struttura il libro per scene, senza perdere il ritmo. Si parte da Roma con un C-130, si arriva per tappe intermedie a Camp Mittica, dove il nostro viene affidato a un ufficiale, il ten. Massimo Ficuciello, (poi morto nell'attentato), da lui descritto con grande simpatia. Ficuciello infatti è un ufficiale richiamato ed è addetto all'accoglienza dei giornalisti e dei civili che a vario titolo ronzano attorno alla base italiana, dove in quel momento (come adesso) è di stanza la brigata "Sassari". Come è della brigata il bravo Olla, anche lui morto nell'attentato. Segue la descrizione della vita di caserma, sino al giorno dell'attentato. Si deve andare alla base White Horse per avere le autorizzazioni dai Carabinieri, e lì succede l'inferno. Muoiono anche civili iracheni i cui nomi ora nessuno ricorda. Muoiono i carabinieri, i fanti e i civili. Amadei viene praticamente proiettato per aria ma si salva, mentre i militari si riparano dietro ad una autocisterna, per fortuna piena d'acqua potabile, e azzardano una resistenza (ma i dettagli sono poco chiari). Tutto si è svolto in pochissimo tempo e nessuno ha fatto in tempo a fermare il camion bomba. Anche perché - e qui Amadei non risparmia critiche - davanti alla posizione non c'erano né barriere, né serpentine. Sono dettagli noti, ma confermati dai soldati con cui l'autore parla, a Nassirya e al Celio, soldati e ufficiali di cui non ricorda il nome per via della morfina, o forse (più plausibile) per non danneggiare la loro carriera.

La seconda parte del libro è ambientata a Roma, all'ospedale militare del Celio. Qui assistiamo alla liturgia delle visite ufficiali e familiari, alla solidarietà fra feriti e alla retorica della stampa. La versione dei fatti viene ogni volta amplificata o cambiata dai soldati, sempre ‘gasati’ se inquadrati da una telecamera. Ma c'è anche molta rabbia: il copione dove i nostri soldati avevano la parte di pacificatori amici della popolazione e “italiani brava gente” benvoluti da tutti non ha funzionato, e quella che era una tragedia annunciata è stata presa sottogamba. Segnalazioni e allarmi dei servizi circolavano infatti già dal 6 novembre, quasi una settimana prima.

Quello che è poi un capitolo inedito è la sorte dei soldati scampati al massacro: le pratiche per il riconoscimento della loro invalidità vanno a rilento, e chi non ha avuto ferite, ma solo danni psicologici, è condannato ad una tragica omertà: se sei ferito vieni medicato, ma se hai attacchi di panico o disturbi psichici, rischieresti il congedo anticipato o la fine della tua carriera. L'autore, proprio perché estraneo all'ambiente, ne registra gli umori con molta passione e senza censure.

Informazioni ufficiose suggeriscono che da questo libro sarà presto prodotto un film.

Marco Pasquali

VENTI SIGARETTE A NASSIRYA

 


Titolo: VENTI SIGARETTE A NASSIRYA
Autore: Francesco Trento, Aureliano Amadei
Editore:Einaudi, 2005
Stile libero BIG
Pagine: 186
ISBN 8806179187
Euro 12,5


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