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Mediterranea

GUARDONI E GUARDATI

Una tendenza inquietante è costituita dall’uso invasivo del videofonino. Alcuni ragazzi hanno violentato una compagna di scuola e l’hanno ripresa col telefonino. Hanno in seguito ripetuto più volte l’esperienza, facendo circolare poi i brevi video all’interno della scuola, fin quando il prof non ha scoperto tutto e li ha denunciati. Ma fatti simili sono avvenuti anche nel Regno Unito, ed è verosimile che altri se ne scoprano. Un’altra volta una donna era caduta dal balcone, rimanendo infilzata nella cancellata: gli studenti della scuola vicina hanno fotografato tutto, poi la polizia ha sequestrato i cellulari. Allo stesso modo, un genitore ha denunciato un gruppo di ragazzi che in pizzeria videografavano sua figlia. Altrove, i carabinieri hanno sorpreso un gruppo di ragazzi di paese che avevano “crocifisso” un compagno disabile e lo stavano ‘videofonando’. Sono tutti casi limite e in fondo anche esempi di idiozia: registrare un reato in video non aiuta l’avvocato, anche se può darsi che in quel momento si entri in una dimensione virtuale, da incoscienti. Spesso mi è capitato di scoprire gente che in metro o sull’autobus fotografa la gente: per molti, anche se inquadrati, non è istintivo pensare che con un telefono si facciano le foto. Ma ho anche visto tanti giovani fotografarsi da soli, magari per mandare la foto all’amica o per puro esibizionismo. Ad una manifestazione sportiva, una ragazza, per ogni foto che faceva agli atleti, se ne scattava una lei, fissando l’obiettivo. In un libro che ho appena letto, 20 sigarette a Nassiriya, si notava quanto cambiasse l’atteggiamento dei nostri soldati davanti alle telecamere, cosa che aveva comunque notato anni prima Michael Herr, inviato speciale in Vietnam. Alla base di questi comportamenti c’è sicuramente da mettere in conto l’invasività della televisione, ma anche la diffusione, la leggerezza e l’efficienza delle attrezzature video e delle reti di trasmissione. Tendenze forse latenti nella gente comune, ma che ora possono esprimersi in libertà. L’internet è piena di siti di video amatoriali, come www.splinder.com o www.youtube.com dove ognuno s’inventa quello che può, dimostrando una fantasia inesauribile.
La gente ama guardare (i reality show insegnano), ma anche essere guardata: “Sono apparso in tv, quindi esisto” diceva Jerry Lewis in Re per una notte. Ma non è solo esibizionismo: p.es. i cineasti indipendenti hanno trovato nella Rete il mezzo più economico ed efficace per diffondere i loro filmati. L’importante è che la gente veda le loro opere, anche se la sala cinematografica resta il sogno di una vita. Quando negli anni ‘30 Walter Benjamin scriveva L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, analizzava l’effetto della la produzione in serie delle immagini, ma non ancora quello della loro diffusione attraverso la televisione, allora sperimentale. E adesso c’è pure l’internet. Attualmente, siamo inondati di immagini e quindi la sovraesposizione provoca indifferenza: prova ne sono l’assuefazione alle immagini forti, violente, oppure il ricorso estremo al gesto provocatorio, visibile. L’assalto alle Torri Gemelle è stato persino interpretato come un grandioso happening, atto nichilista e artistico; indubbiamente l’effetto mediatico dell’operazione era stato studiato bene quanto quello operativo. Questo ci aiuta peraltro ad analizzare meglio la comune realtà: p.es., nella quotidiana pratica dell’arte, qualità e diffusione non sono affatto sinonimi. È la sovraesposizione a promuovere qualsiasi tipologia qualitativa di artisti. Una risonanza sproporzionata al loro valore: ne parla un conduttore televisivo o lo lancia un critico ben inserito nei media e il loro nome lo conoscono tutti, paradossalmente senza conoscerne le opere o avere gli strumenti per assimilarne l’estetica. Molti artisti si valgono dei mezzi promozionali a loro disposizione, ma di fronte all’industria pesante mediatica fanno solo la parte degli onesti artigiani. La raffigurazione è andata oltre la tela e il pennello; gli artisti hanno comunque imparato a usare le macchine digitali, internet, il videofonino, aprendo nuove frontiere all’arte contemporanea. Non necessariamente le esperienze meno omologate e quindi più interessanti, possono essere quelle accettate e promosse dai critici alla moda e dai conduttori televisivi, ma sicuramente è la rappresentazione di un “arte” che guarda. Non a caso, ad aver trovato un pubblico sempre crescente son proprio la fotografia e le sue applicazioni. Esemplare è il successo della V edizione del Festival Internazionale della Fotografia e delle numerose proposte espositive che negli spazi del Museo di Roma in Trastevere vengono allestite.

Marco Pasquali


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