Per Pasolini con una nota
per la generazione precedente

Con quelle ceneri si ha il diritto
di misurare il tempo?
Ciò che ci separa
è qualcosa di aspro,
e qualcuno avrà il coraggio
di prenderne atto?

La memoria scoppia come una bomba-carta,
qualcuno ha visto preparare
la violenza
e ora un impagabile notaio
scrive che fu vera gloria:

ma si poteva ritorcere il maleficio,
l’idroscalo, il ristorante,
tutto il resto
giocato in poco più di un tempo di partita?

Estraneo a quella soluzione
l’uomo del consumo
porterà l’incartamento che stringe
percezioni di esistenza
parole non più comunicanti
e gratterà sotto la storia.

Gli uomini della generazione precedente
scandirono oggetti lavorati
con passione e fede; e il dogma
chiuse in un limbo artificiale
il trauma delle bombe sui rifugi
e la realtà risultò sotto gli occhi
come un esercizio di ragione.

POESIA ‘95

Un esercito di visitatori
in quei giardini
guarda il monumento
luogo inconoscibile di oggetti e fiori secchi
non ricomposto da alcuna domanda.

Il muro aguzzo, i cocci di vetro,
da quella soluzione
il burocrate cercherà di comprendere
quella intera esistenza
e ciò che se ne scrisse
(manca solo
il quadro complessivo).

Seguirono postmoderni e nomadi
con fiori e giardini;
non partirono per alcuna
destinazione conosciuta: raccolsero
una eredità scontrosa.

Chiusi nel bosco di Nemi
uccideteci, dicevano i vecchi.
Per carità, rispondevamo,
voi siete la civiltà e la storia.

La lingua neo-curiale
pretendeva qualcosa in cambio
ma sotto vetro si stendeva
la complessità del mausoleo:
le idee restavano nella radice
e la domanda, avvitandosi su se stessa,
ripercorreva un sentiero tutto spine.

Estraneo al pensiero
il campanaro suona con la disinvoltura
di chi guida la tecnica:
narrare per la seconda volta
una esistenza

ANNUARIO

è come mettersi in fila
per raccogliere pezzi di verità sfuggenti,
ideologie appese come ex voto;
in logica sequenza,
ciò che risultò esistente, fu esistente.
Il resto era molto razionale.

Per la conquista di quel palazzo
fra pioggia
sgangherata, alcuni si ripararono
sotto archi di eredità minute,
altri si spensero con quei foglietti
in controluce
così uguali ogni sera (alcune esistenze
erano ormai confezionate)
e si misurava
il dentro e fuori dell’esistenza
la psicologia ardente
delle notti e dei punti di erranza.

Con grafia lucente
un divo dettava confessioni
dove la nevrosi negava se stessa,
ma gli altri non avevano
il senso della storia
e pigolavano come uccelli
con voce dolente (svanì, erbe ed odori).

Le scavatrici hanno smesso di piangere
alcuni oggetti hanno odiato da sempre
la decadenza
ed ora occorre stabilire
colpe e meriti
chiamati a giudicare proprio
in quell’orto straniero,
e sarebbe indecente affermare
che non esistono documenti o rilievi.

Gregorio Scalise
da Poesia '95
Annuario a cura di Giorgio Manacorda
ed. Castelvecchi