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LIBRI DELLE MEDAGLIE DA CESARE A MARCO AURELIO COMMODO
Con saggio introduttivo di Patrizia Serafin Petrillo
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Vivere e Morire a Roma:
Due piccole storie romane di Marco Pasquali

LAZZARO

Gioco da anni al lotto, sempre un ambo di un euro su una sola ruota. La ricevitoria è sempre la stessa, in via dell’Aracoeli e la gestisce un ragazzone soprappeso. Qualche mese fa subentra un sostituto, dal quale vengo a sapere che l’amico era stato ricoverato in ospedale per una broncopolmonite. Una settimana dopo, la saracinesca della storica ricevitoria è abbassata e il giorno dopo leggo: chiuso per lutto. Quel ragazzone di cui neanche so il nome dunque non ce l’ha fatta e la cosa mi dispiace. Al suo posto subentra un tipo di poche parole, un quarantenne, non saprei dire se italiano o maghrebino, al quale non faccio domande.

Continuo a giocare il mio ambo come sempre prima di entrare in ufficio, quando dopo due settimane dietro al banco rivedo il ragazzone. Non credo ai fantasmi, ma sgrano comunque gli occhi. “No, non sono resuscitato”, mi fa l’amico. E allora? E allora il collega che doveva giustificare la saracinesca chiusa non sapeva che scriverci e gli è venuta in mente la malsana idea di inventarsi quella scritta assurda.

Da quel giorno io lo chiamo Lazzaro.

GIRANDOLA AZZURRA

Roma è piena di lapidi e altarini nati dalla devozione privata. Purtroppo ricordano sempre vittime di incidenti stradali e stanno un po’ dappertutto, ora visibili, ora seminascosti dalla vegetazione o dalle loro stesse ridotte dimensioni. Un fotografo dovrebbe andare in giro, pubblicarne le immagini e scrivere le storie che ogni altarino racconta. Ci sono ragazzi caduti dal motorino o schiantati su un albero, signore romane o romene falciate mentre attraversavano la strada, pensionati e bambini, tutti ricordati da modeste immagini dove non manca mai un fiore, ma che risultano spesso poco leggibili.

Nomi e date sono sempre scritti su una piccola lapide o su una tavoletta di ceramica, c’è magari una breve dedica che, posta nel punto esatto dell’incidente, non è sempre igienico leggere.
Per sapere il nome della ragazza morta sulla tangenziale est sotto il cavalcavia della Nomentana in direzione San Giovanni ho dovuto cercare in rete. Si chiamava Elisa, aveva vent’anni e si è schiantata il 16 gennaio del 2012 addosso a un cartello stradale all’altezza della Batteria Nomentana, passeggera sbalzata da una moto andata addosso a un blocco di cemento del cantiere. Faccio quella strada ogni giorno e per mesi c’era in effetti quella pericolosa strettoia. Oggi nel punto esatto c’è l’altarino con la foto di Elisa, ma non consiglio a nessuno di fermarsi per vederla da vicino: le lapidi diventerebbero due.

Quello che si nota dalla macchina è però una girandola azzurra, una di quelle girandole con le pale di cellofan che si comprano dai cinesi. Anche quando non c’è vento gira lo stesso, alimentata dall’aria mossa dalle macchine che corrono sulla tangenziale. Se per un giorno è ferma è solo perché le pale si sono spostate. Ebbene, il giorno dopo le ritrovi sempre inclinate verso il vento, segno che qualcuno si preoccupa di risistemarle. Anche questo è un modo di mantenere la memoria di Elisa

Marco Pasquali
aprile 2015

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