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Pirro Ligorio
LIBRI DELLE MEDAGLIE DA CESARE A MARCO AURELIO COMMODO
Con saggio introduttivo di Patrizia Serafin Petrillo
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L’islamia da preda a predatrice

Mentre nel Nord Africa due Generali hanno aperto la caccia degli islamisti, nel medio oriente iracheno è la crudeltà jadeista ad offrire l’occasione di un’ufficiosa collaborazione tra Usa e Iran per fronteggiare l’avanzata dell’Isis (Stato islamico di Iraq e Siria) o Isil (Stato Islamico in Iraq e nel Levante) che si dir voglia.

L’esercito iracheno è impegnato, se non si arrende, in ritirate “strategiche” davanti alle milizie dell’Isil e a quelle tribali sunnite. Per ora a fronteggiare l’avanzata rimangono i peshmerga curdi che già 6 mesi fa avvertirono Baghdad e gli 007 occidentali sul pericolo islamista-sunnita.

L’arretramento dell’esercito iracheno ha anche aperto un varco verso l’indipendenza, come ha affermato il Presidente del Kurdistan iracheno Massoud Barzani, del Governo regionale del Kurdistan dall’Iraq.

Il vero problema per un Iraq unito di sciiti, sunniti e kurdi è l’attuale presidente iracheno sciita Nuri al-Maliki, con la sua intransigenza nel condividere la gestione del governo con le altre popolazioni e non fomentare l’odio.

Il Ramadan porta l’annunciano jihadista della nascita del Califfato in Iraq e Siria e Abu Bakr al-Baghdadi è il suo califfo per ripercorrere il sogno dell’unificazione dei “credenti” sotto un’unica autorità. Non più tanti stati islamici, ma un’unica nazione da levante ad occidente.


Le forze governative irachene, per riconquistare il territorio dichiarato Califfato, non basteranno i consulenti militari statunitensi e iraniani, ma forse i 5 caccia russi Sukhoi potranno dare uno stimolo alla controffensiva del frantumato governo di Nuri Al-Maliki contro le milizie di Abu Bakr al-Baghdadi.

In Egitto si discute del trionfo “gonfiato” di Al Sisi e della sua intransigenza verso ogni opposizione, e non solo quella dei Fratelli musulmani bollati come terroristi, mentre in Libia l’ex generale Khalifa Haftar ha aperto una sua personale caccia alle milizie islamiche per una pacificazione laicizzata, anche attraverso un golpe, del paese che rischia così la sua frammentazione in Tripolitania, Cirenaica e Fezzan.

In Libia nel silenzio si sono svolte le elezioni politiche caratterizzate dalla violenza (è stata uccisa l’avvocato per i diritti umani Bugaighis), e la grande astensione.

Entro il 2013 si doveva tenere a Roma la Conferenza internazionale sull’assistenza alla Libia, con la partecipazione dei principali Paesi coinvolti. Nel frattempo Enrico Letta è decaduto da premier e Matteo Renzi ha una moltitudine di impegni in ambito italiano ed europeo, perdendo l’occasione per esercitare un ruolo nel Mediterraneo.

Affermare che il Mediterraneo è inquieto, e non solo per tutta quell’umanità che rischia in fatiscenti imbarcazioni l’attraversata per trovare un luogo dove vivere in pace, può apparire minimizzare la situazione senza contare il conflitto siriano che Bashar al Assad vuole risolvere anche con raid aerei in territorio iracheno contro i miliziani dell’Isil. Miliziani che il regime di Bagdad ha inizialmente stimolato nella loro organizzazione come elemento disturbatore tra le file dell’opposizione siriana.

Nel groviglio iracheno è troviamo delle tacite alleanze di governi che in altri scenari si confrontano tramite i loro “protetti”.

 

luglio 2014

 

 

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