| Splendori funerari cinesi Tra i Ministeri della Cultura  dell'Italia e della Repubblica Popolare Cinese sin dal 2010 è intervenuto un  accordo in base al quale i due Stati si scambiano spazi museali permanenti  destinati a permettere contatti culturali e a favorire la maggior conoscenza  fra i due popoli. Uno dei frutti di tale accordo è una mostra che si tiene a  Palazzo Venezia con l'intrigante titolo Le  leggendarie tombe di Mawangdui.                     Il tutto inizia nella seconda  metà del '900 nella città di Changsha, capoluogo della regione dello Hunan  nella Cina meridionale; da secoli si tramandavano leggende che due collinette  nascondessero tombe di antichi re ma li si collocava nel X secolo a.C. Finché  nei primi anni '70 nonostante gli sconquassi della Rivoluzione Culturale, tanto  osannata dai “cinesi” nostrani, grazie anche all'interessamento dell'allora  Primo Ministro Zhou Enlai si cominciarono ad effettuare sondaggi nella zona.  Guidati dall'apparizione di “fuochi fatui” originati da sacche di gas gli  archeologi iniziarono lo scavo sistematico delle due collinette giungendo ad  identificare tre tombe situate in profondità e che risultarono appartenere a  defunti sepolti durante il regno della dinastia degli Han che tennero il potere  tra il 206 a.C.  e il 220 d.C..                     Si trattava di sepolture dotate  di ricchissimi corredi funerari comprendenti circa 3000 reperti tra lacche,  ceramiche, bronzi, giade, sete, il tutto ora contenuto nel Museo Provinciale  dello Hunan, uno dei più importanti dell'intera Cina, recentemente oggetto di  lavori di ampliamento.  Dall'esame del materiale si è potuto procedere  all'identificazione degli inumati: Li Cang Marchese di Dai grande dignitario  della corte imperiale, uno dei suoi figli e la moglie Xin Zhui.   
 Mentre le due tombe maschili forse erano state visitate da scavatori  clandestini dato il minor numero di oggetti rinvenuti, quella della donna  appariva intatta; il loculo situato in profondità era stato ricoperto da  tonnellate di carbone vegetale sovrastato da uno strato di circa un metro di  profondità di argilla bianca su cui era stata posta una notevole quantità di  terra pressata; il tutto aveva isolato la tomba da agenti esterni contribuendo  a conservare il contenuto. 
                     Il corpo della Marchesa giaceva  entro un quadruplo sarcofago laccato ed era contornato da un corredo di più di  mille oggetti; non era decomposto ma ancora ben conservato immerso in un  liquido di tipo acido che ne ha permesso la conservazione in quanto le analisi  effettuate hanno escluso che possa aver subito alcun noto processo di  mummificazione.Una selezione degli oggetti  trovati, per l'esattezza 76, è esposta nella mostra organizzata dalla Soprintendenza  e da MondoMostre.
                     Si tratta di ciotole, brocche,  piatti e bicchieri in lacca finemente dipinta, sigilli in giada, in rame, in  oro che hanno permesso l'identificazione dei defunti, frammenti di stoffe in  seta, uno splendido stendardo funerario in seta dipinta e numerosi capi di  vestiario in stoffe preziose provenienti dal corredo funebre della Marchesa;  curiosi alcuni manoscritti su stecche di bambù ed interessanti altri scritti su  seta, tra i primi conosciuti in Cina, contenenti libri già noti da altre fonti;  macabra la vista di semi di melone ritrovati durante l'autopsia nello stomaco e  nell'intestino di Xin Zhui. 
 La visita alla mostra è un  interessante viaggio nella vita di una classe sociale di altissimo rango  contornata da una serie di oggetti di lusso di gran qualità; un confronto viene  spontaneo con la contemporanea vita della classe dirigente romana tra la fine  della Repubblica e l'inizio dell'Impero.
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