Aica: Una risorsa per la Cultura
                   
                  L’Italia non ha mai particolarmente brillato nell’utilizzare  i fondi europei per la cultura, come dimostrano gli scarsi investimenti richiesti  con l’atteggiamento supponente verso gli altri paesi per il suo ricco passato  artistico. 
                    L’annoverare nella propria storia secoli d’arte e  letteratura sembra che esenti i nostri governi di incrementare l’impegno nel  conservare un posto di rilievo nel panorama culturale mondiale. 
                  Vivere di rendita significa anche finire nell’indigenza  a forza di consumare il patrimonio, un’Italia simile a dei letterati che non  praticano la lettura e si ritrovano alla lunga analfabeti, dedicandosi solo all’eccellenza  vinicola o dell’alta moda, ignorando la ricchezza della parola e dell’immagine,  visto che nella musica contiamo ancora su Verdi e Donizetti. 
                  Da questo scenario poco gratificante non si discosta ne  anche L’Aica italiana, unica associazione di critica dell’arte riconosciuta  internazionalmente, che continua a vivere nel torpore dei gloriosi anni ’60  della presidenza Argan, a differenza degli altri membri. 
                  La sede centrale dell’Aica è a Parigi ed è affiliata all’Unesco come  organizzazione non governativa (Ong) dal 1940, ed è riconosciuta e accettata  presso i Musei e le Istituzioni artistiche di tutto il Mondo, ma sono anni che  la sezione italiana ha intrapreso una strada in discesa ed è solo grazie  all’impegno di poche persone come l’attuale presidente Cecilia Casorati che l’Aica  non si è dissolta nel nulla in capziose discussioni sul ruolo critico – curatore  e figurazione – astrazione, oltre a quello della pittura – fotografia. 
                  Partendo dal semplice assioma che entrambi possono  essere intesi come educatori, il dibattito non tiene conto del compito svolto dal  curatore come critico, con il suo porre l’arte alle persone. Mentre il critico  potrebbe preferire non scendere nell’arena dell’esposizione, ma limitarsi a un’attività  di osservatore, diventando un tramite tra l’autore e il “lettore” dell’opera,  cercando di far comprendere le contrapposizioni tra tematiche e mezzi. 
                  Il ruolo del critico “militante”  che, con il suo visitare gli studi, arricchiva il panorama con proficui  confronti, sembra essere tramontato con il passare degli anni sulle spalle  degli ex giovani critici, per essere soppiantato da quello del presenzialismo  statico. Non più alla ricerca di nuove proposte, ma in attesa che pittori,  scultori, fotografi e installatori si propongano, magari sotto le egide di una  galleria. 
                  L’arte in Italia è sempre stata dilaniata da sterili  discussioni e latenti invidie non solo tra critici, ma soprattutto tra artisti,  che hanno agevolato il predominio di altri paesi nel panorama mondiale, sempre  più monopolizzato dalla presenza artistica cinese. 
                  La crisi della cultura in Italia si deve anche dalle  preferenze governative nel potenziare l’Aereonautica militare con l’acquisto  degli aerei F35 dalla dubbia affidabilità e dalla provata necessità. 
                  Una crisi che ha colpito anche l’Aica, ma ora il  letargo sembra concludersi con l’annuncio del rinnovo delle cariche che avverrà  a settembre con la presentazione di tre candidature per la carica di presidente  (Renato Barilli, Raffaele Gavarro, Anna Maria Nassisi),  ognuna con un differente approccio alla critica dell’arte, ma con l’unica  intenzione di porre l’Aica come punto di riferimento per la conoscenza del  contemporaneo, senza mettersi in concorrenza con l’associazione degli storici  dell’arte. 
                  L’Aica, oltre a promuovere  e difendere gli interessi di categoria, si dovrebbe impegnare nella  conoscenza delle arti visive e dell’estetica di ogni cultura anche tramite il sito non proprio all’altezza di quello delle altre sezioni, come reca nello statuto,  attraverso una rete nazionale e internazionale dei suoi soci. 
                  Un traguardo  pieno d’insidie e difficoltà, non ultimo quello di riconquistare il ruolo d’interlocutore  affidabile per le istituzioni, da qualche tempo occupato dalle gallerie private  poco inclini a proposte fuori dai loro interessi non solo economici,  perché l’Aica ritorni a essere una garanzia per l’evoluzione dell’arte.  
                  Ogni sezione dell’Aica si  differenzia dalle sue consorelle nel rapportarsi con l’arte e la sua  quotidianità, ma ogni ambito ha un suo posto nella cultura del paese,  soprattutto quando sceglie di essere una voce critica verso le politiche  governative non solo nell’ambito artistico. 
                  Il futuro per l’Aica ha le  fattezze dell’Europa nell’interloquire in modo ufficiale con tutte le  rappresentanze dell’associazione, proponendo delle iniziative in partnership  con le istituzioni e gli enti preposti alla promozione della cultura italiana  come la   Società Dante Alighieri, per accedere ai finanziamenti della  Ue.  |