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Italia: un tesoretto ignorato

Da sempre gli stranieri hanno dimostrato maggior interesse degli italiani per i beni culturali del Bel paese, come testimoniano le proteste di un gruppo di tedeschi contro il parco eolico progettato in un’area limitrofa al Parco d’Abruzzo o la boutade - Se io avessi gli Uffizi di Firenze, farei più soldi che con la Microsoft - con la quale Bill Gates ha sintetizzato, con la tipica visione americana degli affari, il potenziale economico del patrimonio italiano senza che sia venduto.

Anche gli artisti stranieri trovano in Italia motivi d’ispirazione per i loro interventi coniugando il contemporaneo con la salvaguardia dell’antico, come il progetto di Ana Rewakowicz, di origine polacca operante in Canada, con l’intervento sul Ponte Rotto, uno dei ponti storici di Roma, proponendo la “ricostruzione” dei due archi mancanti del ponte mediante dei gonfiabili realizzati in materiale riciclato. Un intervento di arte pubblica che potrebbe stimolare l’attenzione sul degrado del Tevere e delle sue rive, in un tratto centrale nell’urbanistica di Roma. Il Tevere è stato oggetto anche di una serie di proposte dell’artista americana Kristin Jones.

L’Italia ha un Capitale, come argutamente non manca di far notare Philippe Daverio in ogni possibile occasione, proprio in quei beni culturali che gran parte degli italiani, politici e amministratori del bene pubblico in prima fila, ignorano, se non addirittura disdegnano, rendendone la fruibilità difficile, soffocandoli con un’urbanizzazione intensiva e sconsiderata, abbandonandoli all’incuria.

Il fatto di non essere stati educati al rispetto di questo incommensurabile patrimonio si somma dunque all’incapacità dei nostri governanti di farsi carico delle responsabilità che il proprio incarico implica e di utilizzare il grande valore e le potenzialità di beni culturali per una crescita economica che non sconvolga l’ambiente.

L’Italia ha, come ogni paese civile, numerose organizzazioni che si sono attribuite il compito di vigilare sulle scelte che di volta in volta le amministrazioni locali e il governo centrale intraprendono nei confronti del nostro patrimonio. Scelte che spesso non sono atte a promuoverlo per poterlo convertire da manufatto sprofondato nell’immondizia a fonte di reddito per la comunità senza deturpare l’ambiente e inquinarne l’aria.

Organizzazioni come l’Unesco, nella sua sempre più sonnacchiosa presenza italiana, dovrebbero essere in prima linea, con Italia Nostra o Fai (Fondo per l’Ambiente Italiano) nel sorvegliare non solo il patrimonio classificato “bene dell’umanità”, ma anche le realtà meno eclatanti, testimonianze di una diversità culturale oltre che ambientale.

L’Unesco, come le altre organizzazioni in Italia, appare limitato, con le sue curiose intersecazioni tra le istituzioni e la sua attività, seguendo le proposte dalla sede centrale parigina, come le diverse Giornate Mondiali per la poesia o per il jazz. L’inventiva della sezione italiana dell’Unesco, negli uffici abbarbicati nel sottotetto di Palazzo Firenze di Roma, influenzata dal continuo ridimensionamento dei contributi elargiti dal Ministero degli affari esteri, cerca di dare segnali di vita con l’esposizione fotografica nel palazzo dell’Onu a Ginevra, dedicata ai siti italiani.

Anche la rappresentanza dell’Unesco all’interno del Ministero per i beni e le attività culturali non sembra molto interessata al patrimonio artistico, mentre l’Associazione Città Italiane Patrimonio Mondiale Unesco, sparsa tra Ferrara, Assisi e Firenze, si presenta su Internet con una vetrina di luoghi e con una rivista, dove si trovano iniziative di sensibilizzazione.

Una vetrina sulle mancanze verso i beni culturali è rappresentata dal sito web PatrimonioSos, offrendo riflessioni sulle proposte di legge e sugli interventi degli organi d’informazione.

Il Fai come Italia Nostra, hanno le potenzialità per essere delle “lobby” ambientaliste, come anche Legambiente o il Wwf, per sensibilizzare i politici e stimolare le istituzioni, oltre ad educare gli studenti al rispetto della cura del patrimonio, invece di chiedere continuamente agli italiani di contribuire, in un periodo di crisi, economicamente.

Per quale motivo gli italiani di ogni ceto e religione devono contribuire, come nelle campagne di raccolta promosse dalla Fondazione CittàItalia alla conservazione e al restauro del patrimonio, come nella recente restituzione alla vista del pubblico Galleria Corsini di Roma del Trittico Giudizio Universale del Beato Angelico quando ci sono gli organi preposti? Basterebbe offrire sulla dichiarazione dei redditi il 5xmille. Una scelta che incrementa solo le capacità d’intervento dello Stato, una volontà pubblicizzata in ogni dove, con lo slogan Con il tuo 5x1000 proteggi il passato, arricchisci il futuro, limitando la capacità del cittadino nel vigilare, non potendo devolvere i soldi ad una delle associazione del Terzo settore di sua scelta sulle iniziative intraprese verso il bene comune.

Il Fai non può sentirsi soddisfatto per la gestione del Parco Villa Gregoriana a Tivoli, ma dovrebbe tirare le orecchie all’Amministrazione locale per lo squallore in cui versa la viabilità e la cartellonistica, capace di confondere i viaggiatori del Grand tour di ieri e di oggi. Le amministrazioni locali sono tanto miopi da non vedere la ricchezza del territorio da gestire, nonostante si sia evitato di aggiungere allo squallore urbanistico lo squallore di una discarica organizzata a meno di un chilometro dalla Villa di Adriano.

Fregiarsi del titolo di Patrimonio dell’Umanità non è sufficiente ad evitare di tramutare un sito archeologico, per l’insensibilità di un Prefetto, in voragine adatta ad essere riempita dalla più varia mondezza, ma certo aiuta l’indignazione dei numerosi esponenti della cultura internazionale.

Dopo Villa Adriana e l’area di Corcolle è ora la volta di Riano, con Pian dell’Olmo, ad essere candidata a nuova discarica di Roma. Sostituire un Prefetto con un altro non sembra aver affinato le modalità di scelta del luogo adatto ad adempiere l’ingrato compito. È la mancanza di lungimiranza dei politici e degli amministratori nell’anticipare le esigenze che costringono a cercare di porre rimedio. Pian dell’Olmo non è altolocata come Villa Adriana, ma è altrettanto importante per l’economia del luogo, aderendo al Parco di Veio, con le sue testimonianze preistoriche e gli scenari di film come Il nome della rosa o Titus. Sembra impossibile che nell’area comunale di Roma non si riesca ad individuare un luogo, senza stravolgere flora e fauna in un parco archeologico, per una discarica.

Le formazioni ambientaliste in Italia non hanno avuto mai grande vitalità come unico soggetto politico preferendo la sicurezza all’interno dei diversi partiti, ma in questi ultimi mesi si sono alternate sulla ribalta mediatica una serie d’iniziative filosofiche propositive.
Ha iniziato il Sole 24 Ore con il suo supplemento domenicale, proponendo il manifesto per la cultura, occupando varie edizioni del quotidiano della Confindustria, ribadendo che senza cultura non può esserci sviluppo. Si offre così un’altra visione di una cultura basata sul profitto, che rischia di trasformare il patrimonio storico e artistico italiano in una disneyland nostrana. Ne è un esempio il Parco tematico su Roma Antica, proposto dall’emiro del Qatar e avallato dall’amministrazione capitolina. Un progetto che amplia la visione dell’ex ministro dei Beni culturali Alberto Ronchey, codificata nella legge 4/1993, con l’affidamento ai privati della gestione dei servizi aggiuntivi (libreria, biglietteria, organizzazione di mostre, attività editoriale, merchandising, attività didattica) nei musei dei siti archeologici, aprendo ad una privatizzazione selvaggia per una cultura “commestibile” al Mercato e al Profitto.

La cultura e i beni culturali sono al centro di una serie di riflessioni editoriali, come nel libro di Fabio Severino sull'organizzazione, sia pubblica che privata, che produce e distribuisce beni ed attività culturali con il libro Economia e marketing per la cultura (Ed. Franco Angeli), convinto che solo una gestione manageriale può rendere competitiva ed innovativa la cultura.
Il libro di Andrea Carandini e Paolo Conti Il nuovo dell'Italia è nel passato (Laterza) e quello di Ilaria Borletti Buitoni Per un'Italia possibile. La cultura salverà il nostro Paese? (Mondadori) rafforzano la tesi di un’Italia che rivaluta il suo passato per un bene comune.

La teorizzazione promossa dal Sole 24 Ore è rifiutata dagli Scrittori Generazione Tq (trenta/quaranta), con il loro manifesto, non credendo all’imperante ed esclusiva priorità nel saziare il corpo escludendo lo spirito, evidenziando una visione romantica della presenza culturale sul patrio suolo.

Tra la visione miope di molti politici di una cultura che non si mangia, e quella di un prodotto da sfruttare o semplicemente da contemplare, si è inserita nel dibattito Alba (Alleanza lavoro benicomuni ambiente), un nuovo soggetto “politico” promosso a Firenze da un gruppo di intellettuali e di professori, diversi da quelli governativi, per coniugare il patrimonio culturale e lo sviluppo economico, magari esplorando gli ambiti di un turismo culturale sostenibile, per uno sviluppo a misura del territorio.

Alba potrà diventare un gruppo di pressione, ponendo i beni comuni al centro e magari per presentarsi in prima persona al giudizio dell’elettorato che viene già viene corteggiato dalle diverse anime della sinistra, forse stimolate dalle pregiudiziali antiliberiste, corresponsabile dell’attuale situazione, cercando di ingabbiare la riflessione di Guido Viale sulla riconversione ecologica dell’economia e sulla comune partecipazione della gestione del territorio.

Firenze ha ospitato, a fine maggio, la nona edizione di Terra Futura, dedicata alle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale, preceduta dalla prima edizione Art&Tourism, dedicata al Turismo Culturale.

Contribuirà alla sensibilizzazione per uno sviluppo economico del territorio la campagna che ha portato avanti il Tg2 Rai in maggio, nell’edizione delle 13 del lunedì, martedì e mercoledì, facendo conoscere i monumenti dimenticati nel degrado o ingabbiati da recinsioni fatiscenti.
Il degrado di un monumento non è solo rappresentato dai rifiuti che lo soffocano, ma anche dal vandalismo e dalla mancanza di servizi informativi e ricettivi.

Anche Paestum (Salerno) è monumento inserito nell’elenco dei siti indicati dall’Unesco come Patrimoni dell’Umanità, ma ciò non gli garantisce una stazione ferroviaria “funzionante”, con pannelli informativi e dei servizi pubblici per un efficiente collegamento con il sito archeologico. Una situazione simile la troviamo sulla linea ferroviaria Roma – Ostia con una stazione “fantasma” al sito archeologico di Ostia Antica che da anni attende la sua formalizzazione di stazione con i servizi adeguati ad un luogo d’interesse turistico.
Un’Italia, senza il dovuto rispetto, con quartieri e città abbrutite dalle foreste di antenne e dalle fungaie di paraboliche, con bubbonici condizionatori abbarbicati sulle facciate di ogni tipo di edificio, da quelli storici a quelli fatiscenti.
Nel mese di maggio sono stati 70mila i reperti archeologici recuperati dal nucleo tutela patrimonio culturale dei Carabinieri, mentre si devasta, per il gusto di rumoreggiare con auto e moto, le dune costiere e la mancanza di una manutenzione ordinaria riduce i monumenti come la centralissima chiesa romana di San Pietro in Vincoli che ospita il Mosè di Michelangelo.

A Ferrara presso la Fondazione Ermitage Italia (Palazzina Giglioli) si è svolto il seminario internazionale dedicato a Il futuro della ricerca storico artistica in ambiente digitale: progetti e risorse, ponendo dei quesiti sull’utilizzo delle tecnologie e del loro continuo innovarsi, per la conoscenza del patrimonio, per ampliare, secondo gli auspici dell’Unesco, il più possibile ad un sapere condiviso e universalmente disponibile.

Questo è il caos che Antonio Cederna, al quale Francesco Erbani dedica una sua recente pubblicazione (Legambiente), avrebbe voluto evitare all’Italia.

Un maggior controllo sul disboscamento e la cementificazione del territorio può limitare i danni di un’alluvione. Mettere in sicurezza gli edifici storici può contenere le conseguenze di un terremoto, ma entrambi i casi la vigilanza e la prevenzione non salvaguarda solo l’ambiente e le sue ricchezze, ma anche la vita dei suoi abitanti.

    

giugno - luglio 2012
Gianleonardo Latini

 

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