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Consumo, quindi decido

L’affermazione di Bauman “Consumo quindi sono” ritrae fedelmente i nostri tempi. Mai come nel ventunesimo secolo esisti se puoi comprare. Ci rincorrono ovunque, al telefono, per strada, dei momenti di relax come al lavoro, mentre ascoltiamo musica o guardiamo un film; prendono informazioni dettagliate su di noi per un solo, unico scopo: venderci più prodotti possibile.
Questo, paradossalmente, da una parte ci rende influenzabili da molteplici, e spesso inutili, sollecitazioni, dall’altra ci da un potere che siamo portati a sottovalutare, uno strumento democratico da azionare contro le ingiustizie, uno strumento di disobbedienza civile fondamentale che non viene quasi mai utilizzato, il boicottaggio.

Viviamo infatti in una società in cui internet sta entrando prepotentemente nella vita di ogni giorno, offrendo informazione ed amplificando in modo esponenziale la possibilità di diffondere messaggi attraverso siti web, blog,  forum, email.  

La vera difficoltà  infatti  è far capire al  maggior numero di persone possibile che i consumatori possiedono una grande forza: sono essi infatti che determinano, attraverso i loro singoli acquisti,  il mercato globale.
Il boicottaggio dunque si presenta, nella società dell’informazione, come uno strumento di disobbedienza civile fondamentale, che richiede l’impegno di ogni singolo e aderirvi significa non solo non comprare determinati prodotti, ma anche diffondere le informazioni in tutti i modi possibili, principalmente in rete.

Perché boicottare? Per una economia sostenibile, un modello di sviluppo basato sulla sobrietà dei consumi, sul rispetto della natura, sul miglioramento delle condizioni di vita degli animali da allevamento, sul rispetto dei principali diritti umani.

Con il boicottaggio si può fare molto. Sono 12 anni che gli animalisti hanno vinto la loro battaglia contro l’allevamento delle galline ovaiole in batteria, e cosa è cambiato? Nulla. Deroghe su deroghe hanno permesso agli allevatori di continuare a tenere quasi 400 milioni di galline ovaiole rinchiuse nelle gabbie di batteria, ammassate in più file, tenute in uno spazio inferiore a quello di un foglio A4, nel quale è impossibile compiere movimenti naturali, stirarsi, aprire le ali o semplicemente girarsi nella gabbia, esposte alla luce artificiale per aumentare la produzione di uova.

12 anni non sono serviti, ma bastano 5 secondi per leggere un’etichetta, controllare se le uova che stiamo comprando sono di allevamento in gabbia (codice 3), a terra (codice 2) all’aperto (codice 1) o biologiche (codice 0), che spesso differiscono nel prezzo per pochi centesimi, e preferire il codice dal 2 allo 0.  

Se un’Azienda licenzia le sue operaie a causa di politiche dettate unicamente dal profitto, informarsi e poi optare per un’altra marca di collant è doveroso.

Se un giocattolo ha un imballaggio la cui produzione sprigiona più anidride carbonica di quella emessa dall’estrazione del carbone stesso, possiamo sceglierne uno che sta in una scatola di cartone riciclata.

La lista degli esempi potrebbe essere infinita.

Nella nostra società lasciare la merce sugli scaffali è il metodo più rapido e veloce per ottenere un risultato, perché produce un danno economico, molto spesso considerato infinitamente peggiore di un danno umano.

Scegliere un'economia sostenibile significa scegliere un ordine sociale più alto: un ordine che si interessa delle generazioni future tanto quanto della nostra e che è più orientato al benessere del pianeta e dell’umanità che lo abita, piuttosto che alle acquisizioni di breve periodo.
Questo sforzo di consapevolezza e poi di scelta è un obbligo per ogni essere umano.

Homo sum, humani nihil a me alienum puto.


febbraio 2012

sc

 

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