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LA GENTILEZZA NEL VORTICE DELLA FRENESIA

Tutte le metropolitane del Mondo si assomigliano, non per l’efficienza o per le suggestioni che possono suscitare, ma nel loro essere un luogo di transito veloce, dove le persone cercano di passare meno tempo possibile, spesso camminando con la testa bassa, avvolte dai loro pensieri.

La metropolitana non è un luogo che possa ispirare una gentilezza verso il prossimo, rivolgendogli uno sguardo e una mano per un occasionale atto di cortesia.

Può essere il luogo chiuso e rumoroso o le improvvise folate di vento, compresse nei tunnel dai convogli in transito: di fatto è il regno dell’incomunicabilità, rifugio degli emarginati, veloce strumento per trasferirsi da un punto all’altro della città e ispiratore di situazioni letterarie e cinematografiche.

Giocando sull’inospitalità e sull’esasperazione individualistica suscitata dall’ambiente l’artista britannico Michael Landy interviene nel The Tube londinese per stimolare degli atti di gentilezza - Acts of Kindness - gareggiando sulla metafora delle porte scorrevoli - Sliding Doors - come nell’omonimo film, dove il destino o il caso scherzano con l’esistenza delle persone.

L’iniziativa rende omaggio a tante persone che tendono la mano, mentre la folla scorre immersa nei propri pensieri, come è successo al padre dell’artista, in una mattina di una ventina di anni fa, che aiutò un anziano a rialzarsi dopo una caduta.
Un’azione che ha avuto delle conseguenze, con la nascita di un’amicizia e con l’invitare le persone a rivolgersi al prossimo con un gesto gentile, da raccontare sul web, per cambiare il corso della vita o magari solo il senso della giornata.

Un sorriso per far notare un residuo di schiuma da barba sul bordo dell’orecchio o informare un distratto passeggero del ritrovamento del suo notebook, ma anche l'offerta di una bottiglia d’acqua ad un vicino pallido sono solo alcuni dei gesti raccontati sul sito, come quello di una ragazza che domanda cosa è successo al vicino, sconvolto perchè ha appena saputo di un incidente occorso alla sua fidanzata, e gli prende la mano.

Quotidiane storie che ogni persona può raccontare per dare ancora fiducia a quest’umanità intenta, per gran parte della vita, a correre e dare calci a tutte le altre persone che non trova simpatiche.

Sorrisi che possono cambiare la vita, differenti dalle inquietanti faccine pubblicitarie di Emoticon, più conosciute come smiley, ma assai simili alla Smiling Face (Il tuo volto sorridente) cantata da James Taylor.

Un sorriso al posto di un volto imbronciato o addirittura ingrugnito può cambiare giornata in meglio.

Michael Landy supera i gesti eclatanti dell'arte che si alza contro le tirannie, come ad esempio con la mostra “Big Brother” a Dinar (Francia), una riflessione sul rapporto tra l’arte e il potere, per calarsi tra la gente e respirare l’aria di speranza che viene emanata da ogni singolo gesto.

L’iniziativa di Michael Landy tende a far conoscere il quotidiano “eroismo” di persone qualunque verso il loro prossimo in difficoltà, non solo per i consueti imprevisti della vita, ma anche per la tristezza di un lutto, usando una “performance” per migliorare la quotidianità, superando il concetto di arte come strumento di critica calata dall’alto.
Una performance, che si può definire comportamentale, non fine a se stessa, non esaltazione edonistica dell’artista, ma momento di condivisione delle proprie esperienze, superamento delle solitudini sociali.

Una quotidianità che viene indagata anche attraverso il libro di Enrico Franceschini, Londra Babilonia, nel suo lato multiculturale della capitale britannica.

Eroi ben diversi da quelli proposti da Danilo Eccher nella mostra alla GAM di Torino (sino al 9 ottobre 2011), immersi nell’egocentrismo artistico e difficilmente identificabili come portatori, con la loro arte, di nuovi valori sociali.

Roboanti artisti, impegnati a confutare Bertolt Brecht quando scriveva: "Beato il paese che non ha bisogno di eroi", mitizzano la figura di Eroe anche raffigurando se stessi, come nel nudo di Althamer in “Self-portrait”, proponendosi come protettore dal male.

È contraddittorio cercare nei giorni nostri degli Eroi eletti senza gesti eclatanti, sfuggendo dai bagni di folla, quando sono delle personalità egocentriche a forgiare la loro personale raffigurazione di individuo eccezionale per emergere dalla calca.

È ancora lontano il giorno del pensionamento dell’eroe e non è ancora stato compiuto un buon paese senza necessità di eroi. Per Michael Landy è la sconosciuta persona che sorride al suo prossimo, facendo nascere delle amicizie in strane circostanze, ad essere ritenuto un esempio – un eroe – in un’epoca così caotica e arrogante, senza alcuna possibilità di meditare, come consigliava De Montaigne e ribadiva Gianfranco Ravasi nella sua quotidiana rubrica su Avvenire, per formare la propria anima.

 

settembre 2011

Gianleonardo Latini

 

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